Ci sono libri che capitano nella vita proprio nel momento esatto, libri che, come si suol dire, cadono a fagiolo.
Il 28 gennaio ho compiuto 28 anni e il periodo che sto vivendo è uno dei più complicati che abbia mai dovuto affrontare: una relazione fallita, la fine del percorso universitario alle porte, l’inizio di un lavoro che mi piace da morire, il dover incastrare tutto alla perfezione e il non avere tempo per dedicarsi ad altro, il tralasciare le cose che distolgono la mia attenzione dai passi necessari a diventare adulta.
In tutto questo caos di eventi ed emozioni, mi è arrivato tra le mani un libriccino: Finché non aprirai quel libro di Michiko Aoyama. La base di questa storia è la casualità con cui alcuni libri arrivano nelle nostre mani, nel caso specifico, l’approccio fortuito e inaspettato che mi ha portato a leggere il libro di Michiko Aoyama.
L'autrice
Michiko Aoyama nasce nel 1970 nella Prefettura di Aichi e ad oggi vive a Yokohama.
Lavora come giornalista in Australia e poi rientra in Giappone, dove entra nell’editoria.
Della sua vita non si sa granché, ma i suoi libri (uscito pochissimo tempo fa per Garzanti Mentre aspetti la cioccolata) riscuotono successo in patria e all’estero, vincendo premi come il Miyazaki Book Award e il Miraiya Shoten Grand Prize.
Trama di Finché non aprirai quel libro
Tutto ruota intorno alla Hatori Community House di Tokyo, ma soprattutto intorno alla figura – misteriosa quanto basta – della Signora Komachi, la bibliotecaria dei puntuali consigli letterari e dei supplementi in lana cardata pescati da una vecchia scatola in latta di biscotti Honey Dome.
Non so voi, ma io sono sempre stata affascinata dalle bibliotecarie: onniscienti e silenziose figure depositarie di tutto il sapere racchiuso nell’area delimitata dalle quattro mura della biblioteca. Le bibliotecarie sono come la pietra di volta di quei luoghi e delle persone che a quei luoghi si approcciano.
La signora Komachi è esattamente questo: il centro della biblioteca della Hatori Community House, e la sua scrivania è il luogo verso cui convergono i cinque protagonisti della storia.
Cinque personaggi, protagonisti tutti allo stesso modo. Rappresentano cinque età della vita; cinque stili di vita; cinque caratteri complicati e diversi. Vengono presentati cinque piccoli universi accomunati da un senso di fallimento, insufficienza e insoddisfazione.
Michiko Aoyama realizza un ritratto, semplice e realistico, di quello che potrebbe essere un momento qualsiasi della vita di ognuno di noi. Leggendo Finché non aprirai quel libro ci si può immaginare di porsi davanti a una serie di cinque quadretti da mercatino delle pulci: non hanno caratteristiche che li facciano osservare con lo stupore che si prova quando ci si pone davanti a dei capolavori artistici, ma non per questo passano inosservati.
I personaggi
Tomoka ha ventun anni, fa la commessa d’abbigliamento, è insoddisfatta e frustrata: insegue qualcosa, ma non sa cosa. Approda alla Hatori community House per imparare a usare il computer, esce dalla biblioteca con dei testi di informatica, un libro per bambini – Gura e Guri – e una padellina in lana cardata, supplemento della signora Komachi.
Ryō di anni ne ha trentacinque, è impiegato in un’azienda di mobili. Disponibile con i colleghi, fidanzato con Hina, stressato dal proprio lavoro, sogna di aprire un negozio di antiquariato, ma è angosciato dalla possibilità di fallire e dal peso delle responsabilità che si sente addosso. In cerca di consigli su come aprire e gestire un’attività propria, esce dalla biblioteca con, oltre ai libri che cerca, Il giardiniere curioso. Una raccolta di domande curiose e risposte sorprendenti. e un gatto tigrato e addormentato in lana cardata.
Natsumi ha quarant’anni, è una mamma che riceve poco aiuto dal marito e un’ex redattrice di un magazine, “declassata” a segretaria in seguito alla gravidanza. Costretta ad abbandonare il proprio sogno, Natsumi vive con insofferenza sia il lavoro che la famiglia. In biblioteca ci entra per Futaba, la figlia, ma vi trova un ambiente tranquillo in cui prendere fiato dallo stress della vita quotidiana. Esce con dei libri illustrati per la bimba, con La porta della luna di Ishii Yukari e con un mappamondo di lana.
Hiroya è un trentenne disoccupato che si ritrova a riprendere contatto, seppure per un momento brevissimo, con i compagni del liceo, tutti apparentemente realizzati, rispetto ai quali si sente in difetto. Aspirante mangaka, vive con estrema frustrazione la sua situazione. Alla Hatori Community House ottiene Evoluzione. Un catalogo per immagini. Il mondo che videro Darwin e gli altri e un piccolo, morbido aereo come supplemento.
Il signor Masao, infine, è un pensionato di sessantacinque anni che si trova a vivere con una moglie che, se ne rende conto in quel momento, è quasi una sconosciuta. Alla Hatori Community House si approccia per iniziare a seguire un corso di go, ne esce con dei manuali sul gioco, un libro di poesie per ragazzi – Genge e la rana – e con un granchietto di lana.
Quello che i cinque personaggi ottengono, però, dopo il loro passaggio dalla biblioteca della signora Komachi, è molto di più.
“La cosa bella della lana cardata è che anche a lavoro iniziato si può rifare tutto daccapo come più ci piace. Anche se si ha quasi finito, se mentre si crea l’oggetto si pensa di volerlo fare diversamente è molto semplice correggere il tiro in corsa.”
Le parole della signora Komachi si possono riferire tanto alla lana cardata quanto alla vita, di chiunque di noi, ma in particolar modo dei cinque protagonisti.
Se si è insoddisfatti, se si sente che quello che si sta vivendo non ci calza, possiamo cambiare: si può cambiare strada. Lo fanno Natsumi, che lascia il lavoro di segretaria per provare a fare l’editor di libri per bambini, e Hiroya, che alla Hatori Community House trova un lavoro e ritrova la fiducia nelle sue capacità di disegnatore, tanto da pensare di iscriversi a un concorso.
Si può pensare alla fine di un percorso come se fosse soltanto l’inizio di un altro, come fa il signor Masao nell’approcciarsi alla pensione. Ryō decide che una cosa non necessariamente esclude l’altra e che può continuare a lavorare in azienda, ponendo dei limiti alla sua disponibilità, e anche aprire un negozio di antiquariato. Tomoka semplicemente cresce, e nonostante non sappia chi è davvero o che cosa vorrebbe fare, decide che non c’è fretta, che la vita va vissuta passo dopo passo, come una passeggiata nel bosco di Guri e Gura che trovano il tempo di fermarsi a raccogliere castagne.
Conclusioni
Per me, Finché non aprirai quel libro, è stato il supplemento che la signora Komachi ha pescato dalla sua scatola di Honey Dome. È stato una inaspettata e meravigliosa boccata d’aria, presa in un momento di assoluto bisogno.
Per dirla con le parole della signora Komachi:
“Voi tutti trovate da soli un senso al supplemento che io vi regalo.
E lo stesso vale per i libri. Cose che non c’entrano nulla con lo scopo dell’autore e le parole che questi ha scritto, è poi chi le legge a legarle a sé con un filo, a ricavarne qualcosa che è soltanto suo”.
Il romanzo di Michiko Aoyama mi ha regalato un punto d’osservazione, un miradouro, diverso sulla mia vita. Mi ha invitata a rilassarmi: lo stress non avrebbe portato nulla di buono e tanto valeva vivere le giornate una alla volta, cercando di non lasciarmi sopraffare dalla fretta, dalle aspettative – mie o degli altri che fossero. Mi ha spinta a godermi ogni attimo, per quanto banale, perché non tornerà mai più in maniera identica.
Un libriccino semplice nei contenuti quanto nell’aspetto, con una copertina che ritrae una signora giapponese – la signora Komachi – inginocchiata davanti a un tavolino e a una libreria. È un libro che trasmette tranquillità, un libro da leggere la sera, dopo una giornata pesante.
Finchè non aprirai quel libro di Michiko Aoyama, edito Garzanti, già dal titolo prometteva leggerezza e semplicità: niente pretese, ma un’attenta cronaca della quotidianità. Tutto questo lo rende un romanzo forse meno “segnante”, ma dai molteplici spunti di riflessione. In ogni racconto ci si può ritrovare, come se ci si guardasse allo specchio in giorni, settimane, mesi diversi della nostra esistenza. E ogni racconto dà il via a riflessioni che possono portare a soluzioni, se si è disposti a guardarsi dentro, a mettersi in discussione; a lasciarsi, anche, trasportare dal flusso senza resistervi.
Ci sono libri che capitano nella vita nel momento giusto, come un temporale estivo che porta il fresco in una giornata afosa. Se vivete un momento di crisi, un momento di indecisione, frustrazione, smarrimento o anche, più semplicemente, un momento di stanchezza, lasciatevi attirare dalla Hatori Community House, lasciate che la signora Komachi vi avvolga con la sua con la sua voce tanto morbida e calorosa da sembrare una coperta di pile e i suoi consigli letterari e accettate con gratitudine il supplemento che vi offrirà.
Non aspettatevi tante parole, la signora Komachi non ne concede troppe, ma sicuramente non ne concede di insensate.
Autrice: Luna Agostini
classe 1995, legge cose fin dal primo giorno d’asilo: da allora non ha più smesso e non c’è niente che la renda felice come leggere sul mare cullata dal rumore delle onde, non importa cosa o dove legga.
Il primo ricordo di letteratura importante che ha risale alla quinta elementare. Quando nell’antologia trovò un estratto da “Cent’anni di solitudine” se ne innamorò a tal punto da trascorrere i tre anni successivi ad aspettare di diventare grande a sufficienza per poter leggere quello che è diventato il suo libro preferito in assoluto.
Indecisa e mutevole come il mare (a cui appartiene e che ama), ha trovato nelle Lettere uno dei suoi punti fermi.
Oltre a leggere fotografa, scrive racconti e recensioni, ascolta musica (infinito amore per l’Indie folk), viaggia.
Potete trovarla su Instagram come @luna28195 e come @lagherta95 anche su Efp, Wattpad e Ao3.
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