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“Notre Dame de Paris” : Corpo, Spirito, Mente ed Anima tra romanzo e musical


" 'ANÁΓKH...
Così, a parte il fragile ricordo che qui le consacra l’autore di questo libro, oggi non resta più nulla della parola misteriosa incisa nella cupa torre di Notre-Dame, nulla del destino ignoto che essa riassumeva così tristemente. L’uomo che scrisse quella parola sul muro fu cancellato secoli fa nel flusso delle generazioni, la parola fu cancellata a sua volta dal muro della chiesa, forse la chiesa stessa sarà presto cancellata dalla faccia della terra. Sopra quella parola fu scritto il libro che segue.”

Ogni cosa deve crollare e all’uomo non resta che l’illusione di salvarsi da una tale distruzione, da una certa fatalità delle cose. Con questo sicuramente avrebbe concordato Victor Hugo, le cui opere sono riflesso di un destino che sembra quasi giocare con le vite umane.


Una, in particolare, è imbevuta di questo concetto fatalistico, un’opera che parla di arte, di un secolo “buio”, di poeti, di amori, di passioni travolgenti e di anime perse e ritrovate. Ovvero Notre Dame de Paris (1831)


I suoi personaggi, avvolti in contrasti di luci ed ombre tipici del periodo romantico e araldi di messaggi profondi, sono ancora oggi carichi di un significato capace di incantare chiunque si approcci al romanzo ma non solo: infatti, nel tempo, l'opera è stata trasposta in vari adattamenti, tra cui l'omonimo e celebre musical.


Scritto da Luc Plamondon, musicato da Riccardo Cocciante e messo in scena il 16 settembre 1998 a Parigi, con le sue canzoni struggenti e ricche d’una poesia di rara intensità, è capace di esporre l’anima della storia, rimanendole fedele e modernizzandola al tempo stesso.


Così in un viaggio tra romanzo e musical assisteremo nuovamente al poeta Gringoire che canta l’amore di Quasimodo, alla passione distruttiva di Claude Frollo e alla vanità lasciva di Phoebus, mentre alla base delle torri imponenti di nostra signora, la Esmeralda danzerà sotto lo sguardo di una fatalità e di un mondo in rovina che innalza un grido di libertà e di vita.


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I protagonisti di Notre Dame de Paris: Corpo, Spirito, Mente ed Anima


Archetipi tipizzati o incarnazioni di simboli? Persone in carne ed ossa o burattini in mano all’autore? è proprio da questi contrasti che nascono innumerevoli chiavi di lettura.


L'interpretazione che voglio proporre si lega decisamente a un aspetto più archetipico e simbolico, che riprende in parte le concezioni antiche e medievali sulla ripartizione dell’essere umano in Corpo, Spirito, Mente e Anima.


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I personaggi di Notre Dame de Paris, Francois Joseph Aime De Lemud, 1844

Quasimodo, il corpo mostruoso

"Così, a poco a poco, sviluppandosi sempre nell’ambiente della cattedrale, vivendoci, dormendoci, non uscendone quasi mai, subendone in ogni momento la misteriosa pressione, arrivò a somigliarle, a incrostarvisi, per così dire, a farne parte integrante. Le sue sporgenze s’incastravano, ci sia consentita questa immagine, nelle cavità dell'edificio, si da sembrarne, non solo l'abitante, ma anche il contenuto naturale. Potremmo quasi dire che ne aveva preso la forma, come la chiocciola prende la forma del suo guscio"
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Quasimodo, Luc-Olivier Merson

Con queste parole, Victor Hugo parla di Quasimodo, il campanaro di Notre-Dame.


L’aspetto corporeo su cui Hugo spinge l’attenzione è l’elemento costituente della figura di Quasimodo. In questo personaggio l’autore vuole incarnare il concetto più terreno possibile, quello del Corpo, all'interno di un contesto storico dove tutto ciò che riguardava la materia poteva essere considerato peccaminoso e demoniaco.


Quello di Quasimodo è un corpo martoriato, rinnegato, schernito e temuto, soprattutto in virtù della sua “mostruosità”, interpretabile anche come la sua unicità:


Mostro deriva dal latino monstrum, da monere, che significa "portento", "prodigio"


“L’ Egitto lo avrebbe preso per il dio di quel tempio; il Medioevo lo credeva il suo demone; in verità ne era l’anima”

L'estremizzazione dell'apparenza di Quasimodo ha lo scopo di portare il lettore a una profonda riflessione sul diverso e l’escluso; due dei temi portanti del romanzo, come del musical.


In entrambe le opere facciamo la conoscenza del personaggio durante la “festa dei folli”, evento che dà inizio alla storia. Nel musical questa scena corrisponde alla canzone “la festa dei folli”, dove il poeta Gringoire dà il via al ritmo tribale della festa e dove Quasimodo subito viene presentato per la sua caratteristica corporea, portandone in risalto il grottesco che gli vale il titolo di “papa dei folli”.


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scena dal musical Notre Dame de Paris- credito fotografico di Francesco Prandoni

Diviene così legato alla sfera selvaggia e terrestre, simbolo delle pulsioni e della forza, di quella forza però, che nasce dalla fragilità.


Nel suo convivere con una condizione che sempre più lo spinge nel baratro, Quasimodo è capace di prendere consapevolezza di quella condizione, dalla quale alla fine riuscirà a opporsi grazie a Esmeralda.


Infatti, osservandola ed amandola, scorge la verità delle cose e l’affronta, nonostante sappia benissimo di essere incatenato al suo destino; destino che in parte è rappresentato dall’arcidiacono Claude Frollo, manipolatore che si servirà della dipendenza a cui è sottomesso per i propri scopi.


Il rapporto tra l'arcidiacono e Quasimodo è ben costruito nel romanzo, che ne indaga le origini e i cambiamenti. All’inizio si tratta di un rapporto salvifico che a poco a poco, però, diviene distruttivo.


Nel musical il racconto del loro rapporto viene affidato alla canzone del “Trovatello”

Quasimodo: Se fui bambino anch'io fu perché fosti tu, la vita per me fu perché fosti tu, quello che mi adottò e che non mi chiamò mai mostro
Io ti appartengo più di un cane, e mai un cane ha tanto amato, mai!

Sarà proprio Quasimodo a pagare le conseguenze per Frollo in una delle scene più toccanti e strazianti del romanzo e del musical; il momento in cui viene esposto alla gogna e in cui realizza il proprio fato. Il suo declino, però, viene interrotto dal gesto di compassione della Esmeralda che gli offre un sorso d’acqua. Lì, Quasimodo, intravede la bellezza dell’Anima e inizia a lottare contro le proprie catene per liberarla.


Non a caso Quasimodo è l’unico ad amare veramente Esmeralda e cerca di proteggerla in tutti in modi pur di non farla soccombere. Ciò rispecchia bene anche la concezione del “monstrum” antico e medievale, che rivestiva la duplice funzione della forza nel suo aspetto distruttivo e protettivo, che lo rendeva la figura custode di luoghi o persone, un guardiano.


Piccola curiosità: parlando a livello di “strati” se iniziamo a spogliare il rapporto tra la Esmeralda e Quasimodo, appariranno a ritroso i miti e le fiabe che lo antecedono, dalla "Bella e la Bestia" ad "Amore e Psiche", e non a caso poiché proprio sui significati celati in questi racconti Victor costruisce una nuova visione, assai tragica diciamolo pure, di questo mito antico quasi come il mondo.


Nell’opera musicale questo simbolismo di Quasimodo credo sia perfettamente riportato nel costume rosso mattone, che appare quasi un peso, e dalla struggente interpretazione che ne fa Giò Di Tonno, con un canto terreno, crudo e passionale che ben si lega alla mitologia di base del personaggio.


Claude Frollo, lo Spirito diviso

"E se, invecchiando, si erano formati degli abissi nella sua scienza, se ne erano formati anche nel suo cuore. Questo è almeno ciò che si era portati a credere esaminando quella faccia sulla quale la sua anima si vedeva risplendere solo attraverso una nube oscura"
Notre Dame de Paris Victor Hugo vocidicarta.it vocidicarta voci di carta Claude Frollo
Claude Frollo, Gustave Fraipont, 1883

Uno dei personaggi più controversi, l'arcidiacono Claude Frollo, ci viene presentato in un arco narrativo più complicato della rappresentazione che tutti conosciamo tramite il classico Disney.


All’inizio Hugo ci presenta un ragazzo estremamente coinvolto nella ricerca del sapere, tanto da addentrarsi nelle scienze esoteriche. Questo suo amore per la conoscenza, nel romanzo, emerge in lunghi intermezzi filosofici, mentre nel musical nella canzone che apre il secondo atto, “Parlami di Firenze”.


Frollo: Parlami di Firenze e della rinascenza, novità di Bramante e di Stilnovo e Dante. Gringoire: Ogni piccola cosa ucciderà le grandi. Il libro ucciderà altari e cattedrali. Frollo: La stampa imprimerà la morte sulla pietra, la Bibbia sulla chiesa e l'uomo sopra Dio. E questo uccide quello

Austero, freddo, considerato alla stregua di uno stregone proprio in virtù di quel sapere che, al tempo, era un diritto in mano a pochissimi e che lo rivestiva agli occhi dei fedeli come una figura nobile che incute rispetto tramite il timore.


Devoto a Dio, un esempio di “perfezione” che inizia a decadere agli occhi della società dal momento in cui prende con se un Quasimodo in fasce, abbandonato dal mondo.


Così potremmo dire che si affianca il “corpo”, continuando questa chiave interpretativa dei personaggi, in cui Frollo rappresenta lo Spirito. È un uomo di chiesa, e proprio per questo motivo diviene il miglior candidato per rappresentarlo.


A questo punto serve, però, una breve digressione teologica:


Nei testi sacri, lo Spirito rappresenta una parte dell’essere umano “alta”, in sintonia con Dio in quanto spirito santo, una sorta di realtà soprannaturale dove l’essere umano “è se stesso a tal punto che non è più lui ma Dio.” Lo Spirito abita la natura umana che è composta da Corpo ed Anima, che non sono due cose scisse, ma un'unica unità. L'essere umano è dunque tricotomico, ovvero costituito da tre nature (Spirito, Corpo, Anima).


Partendo da questa base, mi è stato inevitabile non pensare al rapporto che lega Frollo alle due vittime del romanzo: Quasimodo ed Esmeralda.


Se da una parte abbiamo già visto il Corpo, Quasimodo, e il suo rapporto con Frollo, lo Spirito, dall’altra si può iniziare a vedere l’Anima, Esmeralda, e il rapporto oscuro che la lega all’arcidiacono.


Nell’ossessione di Frollo per Esmeralda, confinante tra desiderio e odio, in questa chiave interpretativa si potrebbe anche leggere il tentativo dello Spirito, ormai spezzato dopo aver scoperto i segreti dell’Anima, di mantenere l’unione della natura umana nella quale si manifesta il divino. Uno spirito diviso poiché mancante delle componenti essenziali dell’essere e che brama di riavere a sé.


Ma la brama apre le porte a un’altra chiave di lettura, quella riguardante riflessioni sociali sulla violenza, che rappresenta un sistema nel quale la donna è vista come un oggetto e legata a una sfera sessualizzata e peccaminosa sotto uno sguardo maschilista educato al possesso.


Claude Frollo, condanna la Esmeralda come una strega per aver risvegliato in lui cose che non aveva mai osato sentire, aggrappandosi a ogni scusa elargita dall’appartenenza sociale della ragazza, per giustificare il suo odio che nasce dall’ossessione.


Nel romanzo, infatti, lo possiamo vedere mentre assiste alle danze della Esmeralda, avvolto dalla notte mentre le ingiuria contro parole d’odio e accuse. Nel musical questo è ben evidente nella canzone “La strega”.


Frollo: Attenzione! L'inferno è con lei. E' una zingara, è una straniera. E' una strega, una cagna, una gatta, va scalza alludendo alla sua nudità. E' un peccato mortale, è magia. Dovrebbe vivere in gabbia. Che lei non possa strappare, i nostri cuori onesti ìncatenati a Notre Dame.

Ma tornando al concetto di Spirito, esso sintetizza perfettamente la lotta interiore di Frollo: combattuto tra i suoi istinti più alti e più bassi, mentre affronta la distruzione delle sue certezze che con l’arrivo delle pulsioni che ha sempre represso, crollano inghiottendolo nel suo stesso abisso.


Nel musical il suo simbolismo è dato dai toni austeri e autoritari, di Vittorio Matteucci che appartengono perfettamente alla figura dell’arcidiacono; una figura di potere in comunicazione col divino, e che divengono un grido di desiderio non appena la tonaca cade e rivela l’uomo che v’è dietro, in una fragilità totalmente distruttiva.


Phoebus de Châteaupers, la Mente corrotta


"Ma il capitano s’era annoiato a poco a poco, e la prospettiva del prossimo matrimonio lo raffreddava ogni giorno di più. D’altronde era di umore incostante e, dobbiamo ammetterlo? Di gusti piuttosto volgari. Sebbene di nascita nobilissima, aveva contratto sotto le armi molte abitudini da soldataccio. Gli piaceva la taverna con tutto quel che segue. Non si sentiva a suo agio se non in mezzo al parlar grasso, alle galanterie soldatesche, alle bellezze facili, e ai facili successi...
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Phoebus de Châteaupers, Gustave Brion

Di nobile aspetto, soldato valoroso e retto agli occhi del mondo, incarnazione della “più eretta natura” come direbbe la nostra Fleur-de-lys: eppure dietro questa facciata si nasconde la bassezza d’un uomo senza morale e senza rispetto per il prossimo.


Hugo tramite Phoebus crea un contraltare speculare ed opposto a Quasimodo, riproponendo il mito del kalòs kai agathòs in un'accezione che inverte la logica per cui bello è sinonimo di buono, e infatti descrive il personaggio come volgare e incoerente seppur di nobili origini.

Il nome datogli, Phoebus, è un richiamo al Dio del sole Apollo; conosciuto anche con l’epiteto di Febo che significa “splendente, lucente”, che a una prima lettura rappresenta solo uno specchio del suo aspetto, la pretesa di rivendicare una natura divina, in potere per il fatto di rientrare perfettamente nei canoni creati dalla società.


Arriviamo dunque al simbolismo che in questa interpretazione si ritrova nella figura di Phoebus, ovvero la Mente.


Come per Frollo, un primo legame è molto basico poiché accostato al nome. Infatti, il Dio pagano, è strettamente legato all’aspetto razionale (alle arti e alla medicina ) quindi all’incarnazione di ogni ideale umano, nella sua forma più nobile, proprio come le origini e la persona del Phoebus di Hugo.


Ma c’è un aspetto oscuro nella figura di Apollo: la lascività (basti pensare al mito di Dafne).

Lo stesso atteggiamento si riscontra in Phoebus, nella sua abitudine di "disperdere l’amore in luoghi d’ogni sorta", a sedurre come gioco per il suo ego e che, simbolicamente, si può ricollegare a una caduta della mente.


Proprio su questo ci vuole far riflettere Hugo, sulla corruzione morale dell’individuo. Infatti, Phoebus è promesso alla giovane Fleur-de-lys e i due sono in procinto di sposarsi, ma quando incontra la Esmeralda, tutto per lui, si riduce alla volontà di averla, a un atto di ego e conquista. Una volontà alla quale la Esmeralda cederà segnando l’avvio della sua decaduta.


Tornando a un'interpretazione simbolica, si potrebbe leggere il tutto alla luce del rapporto Anima- Mente:


Phoebus, la mente, vede la Esmeralda, l’anima, e l’agogna per sé. Per un momento la mente guarda all’anima delle cose, e si prova a liberare delle sovrastrutture di cui si è vestita. Ma è un tentativo vano, basato su una volontà passeggera che si avvicina quel tanto che basta, fin dove non si richiede impegno, illudendosi di poter raggiungere l’anima lo stesso, senza però curarsene veramente.

Nel musical questo è reso nella canzone centrale di “Bella” nella parte cantata da Phoebus:

Febo: Amore, adesso non vietarmi di tradire, di fare il passo a pochi passi dall'altare. Chi è l'uomo vivo che potrebbe rinunciare, sotto il castigo, poi, di tramutarsi in sale? O Fiordaliso, vedi, non c'è fede in me. Vedrò sul corpo di Esmeralda se ce n'è

Nel musical questa doppia faccia di Phoebus è ben trasposta nella voce di Graziano Galatone con toni languidi e potenti, oltre che nella canzone “Bello come il sole”, cantata dalla Esmeralda innamorata dell’ideale e da Fleur-de-lys, che oltre all’ideale ha visto l’uomo.



La Esmeralda, l’Anima e la libertà della vita

"In un vasto spazio lasciato libero tra la folla e il fuoco, danzava una fanciulla. Per quanto filosofo scettico, per quanto poeta ironico, Gringoire sulle prime non fu capace di decidere se la ragazza fosse un essere umano o una fata, tanto si sentì affascinato da quella visione abbagliante"
Notre Dame de Paris Victor Hugo recensione vocidicarta.it vocidicarta voci di carta Esmeralda Djali
La Esmeralda, Gustave Brion

Così Hugo ci introduce l’ultimo personaggio principale del romanzo, la zingara Esmeralda.


La prima impressione che vuole lasciare ai suoi lettori è di aver incontrato una creatura soprannaturale, eterea quasi. Non è un caso che la sua presentazione avvenga in quest’atmosfera magica, dove in mezzo all’oscurità splende un fuoco, lo stesso che risplende nei suoi occhi e si rispecchia nei suoi movimenti.


Il fuoco è l’elemento accostato alla figura della Esmeralda, che richiama a sé la simbologia del sole; poiché il sole brucia e rinnova, scalda e tormenta.


Tutto allude a un qualcosa di misterioso e magico nella sua figura, che, in primis, vuole richiamare l’idea generalizzata dell’etnia gitana, quel mondo che nel medioevo era legato alle arti oscure, al pagano, costituito da indovini e cartomanti, e che invece, in una chiave simbolica, porta l’attenzione a ciò che la Esmeralda incarna nei suoi misteri e nei suoi movimenti pieni di vita, cioè l’Anima.


Tutti nella storia, in un modo o in un altro, anelano a lei, all’Anima, nella ricerca disperata di bellezza, vita e autenticità. Qualità che si manifestano nella Esmeralda, nella sua gioia e nella sua vitalità, nel suo amore e nella sua innocenza, che possono portare alla perdizione come alla salvezza. Insomma incarna quanto di più puro c’è nel mondo.


Nel musical tutto ciò si esprime nella canzone “Zingara”, che strizza anche l’occhio a quel retaggio di un’idea sul mondo gitano e che la voce di Lola Ponce riporta con un’aria seducente, giocosa ed aerea, che nel corso del musical si caricherà di un tono espressivo potente e al tempo stesso sognate.


Esmeralda: Zingara. Qui nessuno sa niente di me. Zingara, è' la strada la madre mia. Zingara, Zingara, Non si sa come amo né chi. Zingara, Zingara. La mia mano sa tutto di me.

Da queste parole comprendiamo anche la grande libertà che lei porta nel suo continuo viaggiare, nel mistero che suscita e che richiama a scoprirla e a vederla per comprenderne l’amore. La Esmeralda è libertà, vita ed innocenza.


Non a caso è una danzatrice; la danza è una delle forme espressive più pure che comunica autenticità tramite il movimento, stati d’animo ed emozioni.


Tutte cose che si ricollegano al concetto di Anima; dal greco antico psyché, che riconduce all'idea del "soffio", il respiro vitale che infonde l'azione che per i Greci era sinonimo dell'anima.


Ma essere Anima non è sempre facile, e il nostro Hugo lo sa bene, spesso proprio in virtù della sua natura, rischia l’incomprensione e l’esclusione. Mettere a nudo l’anima richiede coraggio, di essere vulnerabili, mostrarsi nelle nostre fragilità e nel dire “questo sono io”. È proprio questo che Esmeralda fa: lei semplicemente è.


Ma stando alla filosofia della fatalità, proprio per questo motivo ne pagherà le conseguenze. Infatti, Esmeralda sconterà la pena degli errori di persone che non l’hanno saputa veramente amare e capire, di una società che condanna e di un mondo che non è capace di concepire la Bellezza o che se lo fa, la concepisce attraverso una lente distorta.


Questo accomuna molte figure femminili della letteratura del tempo, considerate “diverse”, “libere” e che per questo andranno incontro all’umiliazione, alla morte, quasi come se fosse l’unico destino in un mondo non pensato per loro. Ciò rispecchia la condizione della donna fino a solo il secolo scorso, e più in generale di tutte quelle figure considerate “diverse” messe sempre all’angolo della vita. E per quanto la lotta sia ancora lunga, proprio da questo si è partiti per cambiare le cose, mostrandole nella loro realtà per portare alla consapevolezza. Se si è in grado di leggere oltre alla semplice parola scritta.


Alla fine, la Esmeralda è cercata e condannata al tempo stesso, e diviene una sorta di figura Cristologica.


La canzone che meglio esprime la condizione di Esmeralda è anche forse una delle più belle dell’intera opera musicata, e riporta la simbologia a lei legata dell’Anima, della bellezza, che può essere percepita si, ma anche distorta o usata per scopi egoistici: sto parlando di “Bella”


Quasimodo: Bella. La parola Bella è nata insieme a lei, col suo corpo e con i piedi nudi, lei è un volo che afferrerei e stringerei, ma sale su l'inferno a stringere me. Ho visto sotto la sua gonna da gitana. Con quale cuore prego ancora Notre Dame. C'è Qualcuno che le scaglierà la prima pietra? Sia cancellato dalla faccia della terra!

Quasimodo, il corpo, è il primo a vedere l’anima, la riconosce e non può che rimanerne incantato. La descrive come un “volo” che vorrebbe afferrare senza riuscirci. A questo punto gli è inevitabile domandarsi, “con quale cuore prego ancora Notre-dame”; dopo aver visto i segreti dell’anima come può riconciliarsi con una religione?


Frollo: Bella. E' il demonio che si è incarnato in lei, per strapparmi gli occhi via da Dio
Lei. Che passa come la bellezza più profana, lei porta il peso di un'atroce croce umana

Così avviene anche per Frollo, lo spirito. Nella ricerca del suo Dio si ritrova a fare i conti con l’anima delle cose, che però distorce sotto uno sguardo di giudizio poiché non in grado di comprenderla. Quella bellezza che scorge e che brama si trasforma nel demonio, un qualcosa che lo porta lontano dal sacro ma che al tempo stesso riconosce, e, infatti, immediatamente ecco che “porta il peso di un atroce croce umana”, la figura cristologica che sconta la pena del mondo, i peccati degli altri.


Così, Esmeralda diviene il centro del destino tragico che unisce la storia di Notre Dame de Paris, il frutto della fatalità contro la quale nessuno può andare.


Eppure in tutto questo c’è una piccola luce che continua a brillare, segno di una forza che si oppone alla fatalità, a quella fine inevitabile delle cose che ci attende, quella forza che è il coraggio della vita stessa.


Ed è così che si arriva ad innalzare un grido di “Libertà” per riprendere in mano la propria vita quando essa sembra perduta.


Quasimodo; Clopin: Libertà, Rabbia in te, chiamala, Libertà. Libertà, fuoco in te, chiamala, libertà. Libertà, Stringila. Vita in te, Vivila. Sogno in te, Sognala. Libertà, prendila.
Gringoire: Io per tutti chiedo Asilo, il diritto d'asilo.
Esmeralda: Libertà, Vita in me. Sogno in me. Libertà

Questo aspetto è più evidente nel musical, che verso il finale prende leggermente le distanze dal romanzo, portando una lettura di speranza e di rivoluzione di cui Esmeralda si farà portavoce come a riscatto di tutto il dolore (e nonostante l’esito triste che l’attende), cantando per tutte le “anime” che ogni giorno chiedono asilo ma che vengono escluse e condannate.


Così ecco che davanti alla fatalità si sceglie di non arrendersi e di lottare, di farsi carico della vita. Esmeralda ne diviene il simbolo, l’anima che riscatta il suo diritto di vivere nonostante gli sia negato, che vuole vivere e non cedere alla morte almeno “non prima di avere amato” e di aver vissuto per qualcosa, come canta dalle architetture di Notre Dame, sotto il cielo stellato in "Vivere per amare"


Vivere per amare. Amare, quasi da morire. Morire, dalla voglia di vivere. Amare, Dare l'anima alla vita. Morire, dalla voglia di vivere. Con la voglia di vivere


Conclusioni


Con la nostra Esmeralda si chiude questo viaggio all’interno dei simboli e dei significati nei personaggi di Notre-Dame de Paris.


Le tematiche che il romanzo affronta, sono varie e d'impatto, e a distanza di secoli ancora ci parlano di realtà che fanno parte del nostro quotidiano. Ennesima testimonianza che i classici sono definiti tali poiché messaggeri di quella che noi ancora oggi, facendone parte, chiamiamo umanità.


Per concludere lascio qui il link per vedere il musical nella sua versione italiana del 2002



Samuele Vannucci vocidicarta.it vocidicarta voci di carta Notre Dame de Paris recensione Victor Hugo


Autore : Samuele Vannucci

studente universitario classe 2002, appassionato di Arte in ogni sua forma.

Grande lettore con un debole per i classici, la musica e le atmosfere gotiche-Romantiche intrise di sogno e magia, oltre che fan della vecchia cara Disney.


Lo potete trovare su Instagram come @samuele__vannucci


4 Comments

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Guest
Apr 27
Rated 5 out of 5 stars.

Molto molto bello

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Violet
Apr 27
Rated 5 out of 5 stars.

Un'incredibile interpretazione dei personaggi e dei meccanismi che li muovono da parte di Samuele, che non smette di stupire con le sue riflessioni profonde e dettagliate.

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Guest
Apr 26
Rated 5 out of 5 stars.

Incantevole! Victor Hugo sarebbe fiero di te. Complimenti vivissimi Samuele. Io spero di leggerti ancora e poi ancora

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Guest
Apr 26
Rated 5 out of 5 stars.

J

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