"Le notti bianche": memorie di un sognatore
- Redazione
- Mar 23
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"Sia sempre luminoso il tuo cielo, sia sempre sereno e calmo il tuo dolce sorriso, e tu sia sempre benedetta per il minuto di felicità e di beatitudine che hai dato a un cuore ignoto, solitario e grato!"
Quanto può cambiare la vita l’incrociarsi all’improvviso in una sera a Pietroburgo? Quanto si è disposti a donarsi per amore? Può tutto questo dare senso ad una vita? Queste sono solo alcune delle domande che Dostoevskij propone ai suoi lettori con Le notti bianche: ognuno è chiamato, come spesso nelle sue opere, a guardarsi dentro; a ricordare un amore passato e a decidere quali siano le risposte.
Il primo approccio a questo romanzo è stato quasi casuale, lo trovai in una libreria dell’usato e, avendone sentito sempre parlar bene, lo comprai: così ho scoperto Dostoevskij, inaugurando con lui un personale sodalizio che ogni volta mi accompagna in una nuova parte di me. Da qui l'idea di dedicargli uno spazio su Voci Di Carta
Ma procediamo con ordine…
L'articolo è suddiviso in:
Chi è Fëdor Dostoevskij?

Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce l’undici novembre 1821 in una famiglia numerosa, da padre medico e madre figlia di mercanti, che perde prematuramente. L’anno dopo la scomparsa della madre, nel 1838, fa domanda per entrare alla Scuola Superiore di Ingegneria di Pietroburgo continuando, tuttavia, a coltivare la passione per la letteratura e approcciando per la prima volta alcuni degli autori che più segneranno la sua vita come Gogol’, Goethe e Hugo. Nel 1839 anche il padre viene a mancare, ucciso dai suoi servi a causa di alcuni comportamenti intollerabili e dall’abuso di alcool; la sua figura continuerà comunque ad aleggiare costantemente nella produzione letteraria del figlio assumendo la forma di vari personaggi. Nel 1844 il primo romanzo: Povera gente, da subito un successo letterario, che inaugura una fertile produzione letteraria: Il sosia (1845), Umiliati e offesi (1861), Memorie dal sottosuolo, (1864) Il giocatore (1866), Delitto e castigo (1866), L’idiota (1869), I demoni (1871), I fratelli Karamazov (1878-1880) e ancora numerosi racconti.
Dostoevskij si appassiona alle idee socialiste partecipando agli incontri del circolo Petraševskij; questa attività gli costa un arresto nel 1849 e una condanna a morte commutata, in seguito, in una condanna di quattro anni ai lavori forzati in Siberia che costituisce un punto di svolta nella sua vita letteraria. Concluso il periodo in Siberia torna a Pietroburgo e intraprende diversi viaggi in tutta Europa acquisendo sempre più notorietà.
Dopo una vita intensa tra alcolismo, gioco, svariati lutti familiari e gravi problemi di salute Dostoevskij muore a Pietroburgo il 9 febbraio 1881.
Di che cosa parla Le notti bianche?
L’opera si articola nel racconto di quattro nottate e un mattino. Un anonimo che si identifica come il Sognatore, durante una delle sue passeggiate notturne passa accanto ad una giovane, Nàstenka, addossata al parapetto di un canale, accorgendosi dei suoi singhiozzi. Il Sognatore medita: che fare? vorrebbe aiutarla ma teme di essere scortese. Il dubbio viene improvvisamente interrotto quando il giovane si accorge che un ubriaco si sta avvicinando alla fanciulla con fare molesto, senza indugiare, interviene: “Datemi il vostro braccio ed egli non oserà più importunarvi.”. Questo casuale incontro si trasformerà in una serie di appuntamenti programmati che diventeranno teatro di confidenze, racconti e fantasie.
La solitudine condivisa
Sono le strade di Pietroburgo a riempire le giornate del Sognatore, vicoli stretti e dimenticati che fanno da terreno fertile per la sua fervida fantasia. Egli vede, immagina, viaggia e ipotizza, ma che cosa? potremmo chiederci e troveremmo risposta nelle sue stesse parole “Ma sogna su tutto… sulla sorte del poeta, dapprima misconosciuto e poi incoronato; sull’amicizia con Hoffmann, sulla notte di S. Bartolomeo, su Diana Vernon…”. L’immaginazione muove il sognatore in ogni suo passo sempre alla bramosa ricerca di emozioni, carenti nella vita reale la quale egli stesso descrive come vuota di sentimento, affetti e passioni, abitata nella più totale passività.
E’ qui che il Sognatore e Nàstenka si incontrano davvero: nella loro fantasia e solitudine. Anche la giovane donna, infatti, vive una vita di privazioni e continue rinunce, soggiogata dal rapporto con la nonna, un’anziana cieca che, con l’intenzione di proteggerla, la tiene costantemente legata a sé tramite uno spillo che unisce i loro abiti. Nàstenka vive dei romanzi che legge, si inventa di sposare un principe cinese, si sbizzarrisce tra le pagine di Walter Scott e Puškin ma quando apre gli occhi è sola, insoddisfatta e tormentata dai sensi di colpa per non riuscire ad essere felice nella vita che l’anziana le offre.
Nàstenka e il Sognatore trovano, così, una solitudine condivisa, una solitudine che avvicina e una fantasia comune a curare le loro vite non vissute: i due giovani, pur non sapendo quasi nulla l’uno dell’altro, si riconoscono e questo basta a creare unione e fiducia totale. Il loro rapporto sviluppa toni fraterni, entrambi vedono nel loro incontro una funzione salvifica, un dono divino fino a quando i sentimenti non prendono il sopravvento.
Tempesta di parole
La potenza de Le notti bianche non sta di certo in una trama complessa, che, al contrario, si presenta molto lineare, ma nell’intensità dell’opera stessa. Dostoevskij mostra il suo innegabile talento per l’indagine dell’interiorità, o per meglio dire, la profondità nell’animo umano: egli esplora e sonda ogni territorio del sentimento dei propri personaggi, senza timore, portando a galla anche le sfumature più sottili.
Tanto emerge, infatti, dai racconti che i due giovani fanno di loro stessi, quanto dal modo in cui dialogano. Le loro conversazioni quasi sempre sono un rovesciamento, come se fossero un flusso di coscienza programmato poiché non si tratta di idee scaturite sul momento ma di pensieri ben consolidati nelle menti di entrambi che vengono condivisi in un getto impetuoso di parole.
La condivisione dei pensieri e delle esperienze emerge come un atto di necessità attraverso un ritmo febbrile che mostra, molto più di una descrizione, quanto forte sia il senso di disagio dei due giovani, quanto bisogno di avere finalmente una voce e un orecchio all’ascolto.
L’eredità de Le notti bianche
Quest’opera racconta la storia di due vite al margine di un mondo che si evolve, lasciandole indietro; racconta della potenza dell’altro, della condivisione, di un amore che da senso e forma alla realtà circostante pur non realizzandosi in un canonico lieto fine. Ciò che rimane è, inoltre, la straordinaria potenza di Dostoevskij nell’indagine interiore, la sua capacità di guardare gli angoli più nascosti e trovarvi sempre qualcosa di nuovo: egli dimostra ancora una volta quanto vasti possano essere i territori che scrittura e letteratura arrivino ad esplorare, quanto esse siano in grado, nelle sue mani, di sopravvivere al tempo.

Autrice: Francesca Gasparello
Innamorata dei classici, il gotico e Cesare Pavese. Studentessa di Lettere Moderne classe 2002, fervente estimatrice dei villain. Qui il link al mio ultimo articolo.
La trovate su @francesca.https
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