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La luce delle stelle: storia di un esperimento letterario

Writer: RedazioneRedazione

“In principio era l’occhio nudo, e qualcuno che decise di alzarlo verso il cielo. Il telescopio era di là da venire, e la scienza come la conosciamo oggi non esisteva. Eppure è da lì che ebbe inizio la catena di eventi che ha portato a quella notte fatale.”  

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Copertina de "La luce delle stelle" edito da Marsilio

  

Un osservatorio astronomico sperduto nel bel mezzo di un deserto non ben identificato. Un team internazionale di ricercatori, ingegneri e un’unica dottoressa. Una notte inizialmente tranquilla, improvvisamente turbata da un blackout. Un furto di dati, un omicidio, una squadra improvvisata di investigatori che devono e vogliono fare luce sugli eventi di quella notte.

La luce delle stelle, edito da Marsilio nella collana “Lucciole” è l'ultima fatica letteraria di Licia Troisi pubblicata nel gennaio 2024.


L'articolo è suddiviso in:


L'autrice: Licia Troisi

 

Nasce a Roma nel 1980, e ad oggi è l’autrice fantasy italiana più venduta nel mondo.

Tra i suoi più grandi successi troviamo le saghe del Mondo Emerso (Cronache, Guerre e Leggende), della Ragazza Drago e dei Regni di Nashira.


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Laureata con una tesi sulle galassie nane, ha collaborato con l’Università di Roma Tor Vergata come astrofisica.

Questo è il suo primo romanzo giallo.


Il mio incontro letterario con Licia



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Ho incontrato Licia Troisi alle scuole medie, quando quella che all’epoca era la mia migliore amica mi portò il primo volume de Le Cronache del Mondo Emerso dicendomi «Leggilo, secondo me te ne innamorerai.»


L’ho scoperta come autrice di fantasy, creatrice di mondi meravigliosi che mi hanno accompagnata durante tutta l’adolescenza, madre di personaggi a cui mi sono mio malgrado affezionata e che, in qualche modo, mi hanno influenzata: Nihal e Sennar prima, ma soprattutto Dubhe e il Maestro, la cui storia d’amore non ricambiato e straziante è stata la causa delle mie prime copiose lacrime versate per personaggi letterari.


All’epoca avrò avuto 12 o 13 anni, boicottavo in modo molto snob gli autori italiani e arricciavo il naso di fronte ai consigli letterari altrui. Purtroppo negli anni la situazione non è cambiata più di tanto, nonostante gran parte dei miei libri preferiti siano stati consigliati da gente a me cara.


 

Immaginare Licia Troisi autrice di un giallo mi ha, di primo acchito, provocato un po’ di ansia: come autrice di fantasy l’avevo amata con tutta me stessa, ma se come giallista mi avesse delusa? Se il meraviglioso ricordo che avevo di lei e delle sue storie fosse stato, in qualche modo, sporcato da un giallo che non avrei reputato all’altezza?

Perché il giallo è un genere strano: come fosse un processo chimico o una ricetta d’alta pasticceria, richiede equilibrio tra tutti gli elementi che lo compongono. Gli ingredienti devono essere perfettamente dosati in quanto l’eccedere in una parte o nell’altra può avere effetti devastanti sul risultato: fornire troppi indizi toglie il piacere dell’indagine al lettore, fornirne troppo pochi può rendere la lettura frustrante; scendere troppo nella caratterizzazione di un personaggio toglie spazio alle indagini, ma d’altra parte dedicargli giusto un paio di righe impedisce l’immedesimazione.

Alla fine, ho zittito tutti i dubbi che si stavano accalcando nella mia testa, ho comprato La luce delle stelle e l’ho letto tutto d’un fiato durante il Salone Internazionale del Libro di Torino.

 

La difficile condizione dei ricercatori italiani descritta ne La luce delle stelle


Gabriele, il protagonista, è un giovane ricercatore italiano, timido e un po’ insicuro, che ha una cotta per la dottoressa Mariela.

A turbare la quiete dell’osservatorio arriva un blackout corredato dalla scomparsa dei dati di ricerca di uno dei personaggi più odiosi che io abbia mai incontrato (e sicuramente il più odioso di questa storia): la dottoressa Samantha Bridges, luminare dell’astrofisica, arrogante e frustrata. Poi un omicidio: Hugo, uno dei ricercatori, è trovato morto, riverso in una pozza di sangue. Si aprono così le indagini che porteranno, infine, alla scoperta dell’assassino e a tutta un’altra serie di problematiche che forniscono interessanti spunti di riflessione.

 

Ma al di là del mistero de La luce delle stelle e dell'indagine per risolverlo, quello che mi ha colpito di più di questa storia è stata la panoramica sulla vita da ricercatore che viene offerta al lettore.

 

Licia Troisi dipinge un quadro tutt’altro che idilliaco e ci tiene a sottolineare che:

«sulle dinamiche che animano il mondo della ricerca ho cercato di essere più realistica possibile»,

definendo quello che affligge il mondo della ricerca come:

«un problema che affligge la società capitalistica in generale, tutta votata alla performance e al profitto, ma i danni che questo approccio provoca alla ricerca secondo me sono ancora più gravi: un sistema così competitivo, in un ambito in cui la cooperazione dovrebbe essere la regola – si fa ricerca per se stessi, certo, ma anche per l’umanità intera, per far progredire la conoscenza di tutti -, ci fa perdere talenti, e finisce per ostacolare quest’enorme impresa che ci siamo proposti di portare avanti.»

 

Gabriele, tutto sommato, è fortunato: ha una superiore umana, che lo rispetta; non lo massacra psicologicamente né lo sfrutta fisicamente. Gabriele si salva rispetto a quella che pare essere la prassi della ricerca: una via crucis costellata da superiori frustrati, insensibili e, talvolta, anche un po’ ladri.

A Pinetta, per esempio, sua collega e dottoranda della professoressa Bridges, va decisamente peggio, con le continue vessazioni della sua mentore che la annichiliscono quasi completamente:

«Sai quante volte mi ha fatto cambiare l'argomento della tesi?» Fece una pausa, come se si aspettasse una risposta. «Tre! Tre!» gridò. «Ogni volta aveva una scusa diversa: era già uscita una ricerca su quell'argomento, i dati non andavano bene, non ero capace di ridurli come si deve...E come se non bastasse, mi tratta come una segretaria: mi fa comprare i regali per i suoi amanti, mi manda in giro a lavarle la macchina, mi chiede di fare cose che non c'entrano niente col mio lavoro, solo perchè può!»

Parlando con Mariela a caso risolto, Gabriele dice:

«Il mondo della ricerca è un casino, un casino vero, e lo stesso vale per l’università. Ci vengono richiesti dei sacrifici incredibili, e tutti danno per scontato che sia normale. […] dicono che non dovremmo lamentarci, e fare tutto il necessario per rimanere nel sistema. E il sistema è spietato, Mariela. […] Devi produrre, o resti indietro: articoli, scoperte, ricerche, sempre più veloce, sempre al massimo delle tue possibilità, il fallimento non è contemplato, e neppure le lamentele lo sono: è una missione, no? E allora devi portarla avanti fino in fondo.»

E Mariela risponde, nel modo più giusto possibile:

«È faticoso, a volte ingiusto, ma non devi mettere in dubbio ciò che fai, ma come sei costretto a farlo. Il sistema è marcio, sono d’accordo con te. E allora va cambiato, magari dall’interno, visto che tu ci stai dentro.» 

La discussione tra Mariela e Gabriele in realtà, riguarda anche noi lettori: quante volte ci siamo trovati ad essere Pinetta? Quante volte abbiamo dovuto chinare la testa di fronte a chi aveva più potere di noi per paura, in fondo, di ripercussioni?

Il problema non riguarda soltanto il mondo della ricerca, certo.

Ma dello stesso problema nel mondo lavorativo, quantomeno se ne parla: la questione della ricerca, invece, è davvero vista, come dice Gabriele, come una missione, una vocazione alla quale non ci si può sottrarre, per la quale non si deve assolutamente pretendere niente più che delle briciole che ci vengono caritatevolmente elargite.


Secondo un articolo di Ansa del 2023, i ricercatori italiani sono al secondo posto della classifica stilata dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) dietro i tedeschi, ma tendono a cercare realizzazione all'estero, dove godono di salari più alti e maggior meritocrazia, tanto che dal 2013 al 2021 i laureati italiani che hanno scelto di emigrare sono aumentati del 42%.

Sempre nel 2023, in occasione del Technology Forum Life Sciences, evento promosso dalla Community Life Sciences che offre uno spazio di discussione e confronto per tutto ciò che riguarda le Scienze della vita, è stato presentato il Libro Bianco sulle Scienze della Vita. Ogni anno viene pubblicata una nuova edizione di questo testo che "esamina lo stato dell’arte della ricerca e dell’industria nel settore, analizzando la performance del nostro Paese nel contesto internazionale e i nuovi trend globali di innovazione".


Ma quali sono i motivi che spingono i ricercatori italiani a emigrare? La Community Life Sciences di The European House - Ambrosetti (TEHA) ha intervistato i ricercatori italiani vincitori di grant Erc nell'area delle scienze della vita negli ultimi cinque anni che hanno scelto di restare in Italia. Quello che è emerso dai risultati dell'indagine è che l'86% dei "rimasti" lamenta salari bassi e poco competitivi con l'estero, l'80% mancanza di meritocrazia e ciò che li trattiene è rappresentato principalmente da "motivi personali o familiari" (86%). Ciò che attrae i nostri ricercatori all'estero è principalmente la presenza di finanziamenti (84%), l'alta qualità di ricerca scientifica (72%), la facilità di accesso e progressione alla carriera accademica (56%)


Considerazioni Personali


Questo giallo mi ha ricordato moltissimo una partita a Cluedo: un luogo chiuso, personaggi impossibilitati alla fuga…viene quasi da dire «È stato il colonnello Mustard, con il candelabro, nella biblioteca!»

La risoluzione non è complicatissima, anche grazie agli indizi disseminati lungo tutta la storia: un appassionato di gialli risolve il caso in pochissimo tempo, un po’ come fosse un caso da settimana enigmistica.

Lo stile è quello della Troisi autrice di fantasy che mi ricordavo, scorrevole e capace di tenere il lettore attaccato alla pagina e la storia intrattiene, fa il suo dovere più che discretamente.

 

Come giallo è immaturo, questo sì, ma non è che l’autrice lo presenti come il nuovo capolavoro del genere, anzi:

 

«[…] ho sempre e solo scritto fantasy e prevalentemente per ragazzi, questa storia è un bel po’ fuori dalla mia comfort zone. Ma, in qualche modo, era quello di cui avevo bisogno in questo momento del mio percorso di autrice, e anche della mia vita più in generale».

 

Sì, è fuori dalle abitudini dell’autrice, sì, non è perfetto, ma è un ottimo primo esperimento letterario del genere.


L'ultima fatica letteraria della Troisi che, ancora incerta, si avvicina per la prima volta al genere, allontanandosi totalmente dalla propria comfort zone è a tutti gli effetti quello che potremmo definire un giallo da leggere sotto l’ombrellone, senza troppe pretese, di quelli che ci si porta al mare e che si legge tra un bagno e un ghiacciolo che si squaglia al sole.


Ma La luce delle stelle non è solo questo, è molto di più e mi sento di consigliarlo a tutti coloro che cercano una lettura leggera e rilassante, ma che al tempo stesso porti a riflettere su temi che, troppo spesso, purtroppo, passano in sordina.


 



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Autrice: Luna Agostini

classe 1995, legge cose fin dal primo giorno d’asilo: da allora non ha più smesso e non c’è niente che la renda felice come leggere sul mare cullata dal rumore delle onde, non importa cosa o dove legga.

 

Il primo ricordo di letteratura importante che ha risale alla quinta elementare, quando nell’antologia trovò un estratto da “Cent’anni di solitudine”: se ne è innamorata perdutamente e ha passato i tre anni successivi ad aspettare di diventare grande a sufficienza per poter leggere quello che è diventato il suo libro preferito in assoluto.

Indecisa e mutevole come il mare (a cui appartiene e che ama), ha trovato nelle Lettere uno dei suoi punti fermi.

 

Oltre a leggere scatta foto, scrive racconti e recensioni, ascolta musica (infinito amore per l’Indie folk), viaggia.

La trovate su Instagram come @luna28195 e come @lagherta95 (come Lagertha95 la trovate anche su Efp, Wattpad e Ao3).


Puoi leggere l'ultimo articolo di Luna qui.

 

 

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