Il sole finisce ogni giorno: è nella natura delle cose della vita.
Il cielo, ieri, se ne andava cadendo nel mare, a Fregene, inondando di bellezza l’animo di tutti coloro che lo guardavano. Quell’orizzonte arancione riusciva a mescolare l’azzurro del cielo e del mare in unico sentimento.
La fine del sole avviene tutti i giorni ma non sempre si è disposti ad accettarla. Risulta più facile fotografare o filmare il tramonto illudendosi di poterlo trattenere in degli istanti infiniti dentro il proprio schermo.
Non sempre si ha il coraggio di spegnere dentro la musica che accende la playa e ascoltare il silenzio intermittente del ricordo. Guardare l'orizzonte, rivivere il suono di una voce cara che si affievolisce, e cercare dentro quelle linee indefinite e sconfinate un motivo valido a spiegare perché un amore debba iniziare a baciarsi, ad abbracciarsi, ad amarsi, a lasciarsi e a scordarsi.
Viviamo nella stessa mutevolezza di un sorriso che si protrae e si ritrae di trentadue denti per volta, rimuginando stretto su sé stesso.
Oggi, nuovamente, le mie labbra sanno di sangue, le ho morse mentre pensavo all'ultimo termine che ho ascoltato: "...finita".
E da una parte mi dico che, forse, quella voce proveniva dal cielo e che non poterla più ascoltare mi renderà dannato sulla terra, mentre dall’altra mi armo di coraggio e muovo nuovi passi e scrivo.
Chiamiamolo “coraggio” se non vogliamo chiamarla come dovremmo: “fede”, un salto a piedi pari nell’irrazionale.
Ieri a Roma si vedevano le stelle: bastava sdraiarsi su un terrazzo di una casa, ma erano talmente poco luminose che bisognava sforzarsi per percepire qualcosa di più grande rispetto ad alcuni stupidi puntini su di un letto d’infinito. L’irraggiungibile azzurro scuro del cielo notturno vegliava sopra di me. Avevo la testa pesante posata sul pavimento, senza il cuscino. Sprofondavo nei miei pensieri più importanti e tutto il resto sembrava svanire come il gabbiano che tagliava il cielo in un volo a tratti odioso e nevrotico. E non riuscivo a calmarmi confessando a me stesso di essere un impaziente, iracondo e voluttuoso, nella consapevolezza che l’amore può chiamarsi tale solamente se voluto e custodito come un focolare anziano, nel tempo, attizzato con pazienza e carità. Pensavo alla mia famiglia, alla mia casa abbandonata, a mio nonno che se ne stava andando per sempre, affievolendosi come una stella cadente al di fuori della mia visuale, attraversando il cielo verso la fine.
Ma fortunatamente amare non è lo spettacolo del passaggio di una stella cadente: è scegliere le proprie stelle; è dare loro un nome, vederle crescere fino a spegnersi ogni mattina quando il sole si alza.
E se la notte ci permette di vedere con chiarezza tutti i nostri pensieri proiettati sul soffitto, e se di giorno non si riesce più a vederli o percepirli, vorrà dire che si avrà scelto male le proprie stelle, che si avrà orientato male il proprio cammino, nonostante da bambini si abbia appreso correttamente quale fosse la stessa polare e quali i punti cardinali.
Ma tra tutti i punti di ogni discorso che un essere umano potrà mai affrontare, solamente uno importa, quello che lui stesso ha scelto come prioritario. E va bene camminare pure fuori strada, e va bene persino costruire una casa sulla sabbia, e va anche bene se crolla dopo solamente due settimane; perché in fondo che cos’è la vita se non uno sforzo di costruire quel che un terremoto distruggerà?
Fare il letto per poi disfarlo, scrivere e poi buttare tutti i propri manoscritti in un secchio con la voglia matta di dar loro fuoco. Credere in sé stessi in modo intermittente, acquisendo consapevolezze che poi si perdono di mente facilmente. Piangere per una morte e gioire per una nascita, scordare una donna davanti alla fine del sole ma poi ricordarsi della propria stella luminosa.
La scelta.
Autore: Alessandro Ralli
Alessandro è nato a Roma ma ha vissuto fuori dalla capitale, in periferia.
Attualmente è impegnato nella scrittura di una tesi sul ruolo degli intellettuali per laurearsi in Editoria e Scrittura alla Sapienza. Vorrebbe presto dedicarsi alla scrittura a tempo pieno.
Ascolta troppa musica, scrive poesie ed è un umanista che, secondo i suoi standard, legge troppo poco. "La Scelta" è il suo primo racconto pubblicato per La Settimana Creativa.
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